Cosa sono i DSA? Intervista al Presidente dell’Associazione Italiana Dislessici di Pisa

A poco più di un mese dalla settimana nazionale della dislessia, ho voluto intervistare il Presidente dell’Associazione Italiana Dislessia di Pisa (AID), Francesco Biagioni, per fare un po’ di chiarezza su un tema che riguarda il 4% degli studenti delle scuole: i DSA.

DSA

Biagioni, cosa significa DSA?

DSA è un acronimo che sta per Disturbi Specifici dell’Apprendimento. I DSA sono quattro: dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia.

Fino a poco tempo fa si usava la parola dislessia come termine generico per indicare un ragazzo o una ragazza che, in realtà, è un DSA.

Quali sono le caratteristiche della dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia?

La dislessia è una difficoltà relativa alla lettura, sia per quanto riguarda la velocità sia per quanto riguarda la correttezza del contenuto. Se consideriamo la curva gaussiana, un ragazzo o una ragazza dislessico/a è nell’area deficitaria rispetto alla media standard.

Può leggere abbastanza velocemente e compiere molti errori. Anche se è più riscontrabile che faccia una lettura più lenta ma corretta.

Chiaramente dipende tutto dalla severità della dislessia, aspetto molto importante da introdurre: non tutti sono dislessici allo stesso modo.

La discalculia, invece, è una difficoltà delle abilità logico-matematiche. Ne esiste una di tipo procedurale che si manifesta in comorbidità con gli altri DSA e che riguarda le automatizzazioni: tabelline, incolonnamenti etc. E ne esiste una profonda: questa si presenta separata dagli altri DSA e può chiamarsi anche discalculia pura. In questo caso si ha una difficoltà nella visione generale del numero: non si comprende la sua grandezza.

La disgrafia è una specifica difficoltà dello scrivere con la penna.
Difficoltà di tipo visivo-spaziale, ad esempio, che riguarda i margini del foglio oppure grafo-motoria nel recupero dello schema motorio della lettera.

La disortografia, ultima non per importanza, è una complessità relativa all’automatizzazione delle regole grammaticali. Possono essere omesse o aggiunte sillabe, invertite lettere, può esserci uno scambio di grafemi omofoni etc. Esistono gli errori non plausibili fonologicamente e quelli plausibili fonologicamente.

Dopo questa panoramica che sicuramente merita di essere approfondita, passiamo al linguaggio corretto da utilizzare: i DSA sono malattia, una caratteristica? Come possiamo definirli?

Il termine corretto da utilizzare è neurodiversità.

In un cervello di un normo lettore e in un cervello di un dislessico, per esempio, durante la lettura si attivano aree diverse, evento riscontrabile attraverso una risonanza magnetica funzionale.

Le cause sono organiche e genetiche.

Essere un DSA comporta tutta una serie di problemi. Ma questo aspetto può diventare anche un punto di forza, una caratteristica appunto. Come esistono le aree deficitarie, esistono le aree in cui un DSA brilla: ad esempio nell’area uditivo-verbale e nell’area della memoria visivo-spaziale. Coltivare i punti di forza è sicuramente un vantaggio.

Qual è l’età per poter fare una diagnosi completa?

Per la dislessia già dalla fine della seconda elementare, mentre per la discalculia dalla terza. Il mio consiglio è quello di aspettare la terza elementare per poter avere una diagnosi approfondita.

Chiaramente prima arriva e prima si può pensare di integrare un percorso e suggerire una strumentazione per lo studio. Le diagnosi che arrivano tardi complicano la situazione e mettono in atto tutta una serie di sistemi di compensazione, talvolta, faticosi.

A chi ci si deve rivolgere quando si ha un sospetto di DSA?

Ci si può rivolgere sia a strutture private accreditate sia alle ASL.  Essendoci quasi il 4% dei DSA nelle scuole, le liste di attesa sono lunghe.
La diagnosi deve essere fatta da una équipe di psicologi, logopedisti e neuropsichiatri. Il lavoro e il confronto del gruppo sono fondamentali.

La collaborazione scuola-famiglia può essere determinante, il personale scolastico è preparato alla soggettività degli alunni o l’approccio è ancora standardizzato?
E poi, le famiglie come reagiscono alla diagnosi?

Quando arriva una diagnosi di DSA la famiglia si spaventa. L’idea che il proprio figlio abbia un diverso funzionamento del cervello fa paura.
Ma il bambino deve potersi sentire in un ambiente protetto dove i genitori credono in lui.
I DSA sono bambini/e intelligenti. Se iniziano a sentirsi stupidi/e perché a scuola i voti sono brutti e a casa vengono visti come pigri/e , il rischio è che venga lesa l’autostima. E questo comporta tutta un’altra serie di problemi a cascata.

La scuola ha un metodo che non è adatto a uno/a studente/ssa DSA. Le lezioni frontali e il metodo di studio basato solo sulla letto-scrittura sono un problema. Un/a DSA avrebbe molti più benefici nelle lezioni in cui vi è la possibilità di un confronto e in cui vi è l’utilizzo di strumenti come mappe e video.

Ciò che ancora poco si considera è che più una scuola è sensibile ai DSA più a beneficiarne è tutta la classe. Qualsiasi bambino/a risponde positivamente a un approccio di studio di questo tipo.

Cosa sono gli strumenti compensativi e i metodi dispensativi? Chi li usa è facilitato?

Esempi di strumenti compensativi sono la sintesi vocale, la calcolatrice vocale, il correttore ortografico, la tastiera di un computer.
Chi li usa è facilitato nell’arginare, in parte, la propria difficoltà e non nella finalizzazione del compito. Si risparmia quell’energia e quel tempo per rispondere alla domanda ma chiaramente il contenuto della risposta fa parte della preparazione dello/a studente/ssa.

Per quanto riguarda le misure dispensative, per legge, deve essere dato il 30% in più del tempo durante una verifica oppure, le stesse, devono essere ridotte, non per contenuto ma per ampiezza, in modo tale da permettere di svolgere l’intero compito.

Dare strumenti compensativi, però, non basta. Bisogna darli in base alle caratteristiche del/lla ragazzo/a.

Tutti i DSA sono diversi perchè tutti i bambini/ragazzi sono diversi.

È possibile scoprire di avere un DSA in età adulta? La diagnosi è sempre utile?

Assolutamente sì. Capita sempre di più che genitori, portando i/le propri/e  figli/e a fare un controllo, scoprano di avere loro stessi un DSA. Come dicevo prima, molti comportamenti che in passato sono stati attribuiti alla pigrizia oggi hanno un nome specifico. Ricevere una diagnosi fa parte del percorso di  consapevolezza di una persona. Per tante, la diagnosi, è una liberazione per altre è la consacrazione di una etichetta.

Cosa diresti a un bambino/adolescente con DSA nel pieno delle difficoltà?

Gli direi di stringere i denti, di credere nelle proprie potenzialità e negli strumenti che gli vengono offerti (che a volte non danno subito il risultato sperato). Gli racconterei che la strada è in salita e il lavoro da fare è tanto ma gli vorrei ricordare che sono in buona compagnia: Einstein, Walt Disney, Edison, Leonardo da Vinci, J.F. Kennedy, Jhon Lennon, Churchill, sono solo alcuni dei personaggi famosi che hanno saputo far brillare il proprio genio nonostante, o soprattutto, fossero con DSA.

Hanno avuto la fortuna e la capacità di scoprire le proprie passioni, hanno coltivato gli aspetti in cui brillavano di più e sono stati disposti a sudare per quello che amavano.

 

 

 

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