Attenti al lupo?

Esiste un argomento che per diverse ragioni che vanno dal tabù sociale, al trauma psicologico, o più semplicemente alla paura, trova difficilmente posto nelle nostre conversazioni quotidiane: la pedofilia.

Pedofilia Bambini
L’idea che un bambino o una bambina possano essere vittime di un abuso sessuale da parte di un adulto è un’immagine che fa rabbrividire e, come tutte le cose che spaventano, la tendenza è quella di allontanarne il pensiero.

Ma la pedofilia esiste ed è un fenomeno molto frequente (1 bambino su 5 ne è vittima), vive in un mondo sommerso e, se non impariamo a conoscerlo, ad avere il coraggio di farlo emergere, rischiamo di tramandare errori molto gravi.

Alcuni di noi sono cresciuti con la favola di Cappuccetto Rosso: una bambina che vive con la mamma nel bosco. Un giorno, mentre porta un cestino di frutta alla nonna ammalata, incontra un lupo nero che tenta di approfittarsi di lei per poi essere salvata dal buon cacciatore.

Una favola piena di stereotipi

Questa fiaba, come tutti i racconti folklorici di origine popolare, è ricca di stereotipi molto conservatori: la donna adulta è necessariamente una mamma (categoria che include il lavoro emotivo e, dunque, la premura); la donna anziana è necessariamente una nonna (e dunque in condizione di svantaggio); il lupo, generica allegoria del pericolo in cui ci si può imbattere quando si travalicano i confini della civiltà (il piccolo villaggio) e ci si inoltra nella natura, in ciò che è “selvaggio” (il bosco), è rigorosamente nero (si potrebbero cogliere numerose implicazioni razziali, specialmente quelle per cui sono le persone non bianche ad occupare i poli della “natura” contro la “civiltà”); l’uomo è un cacciatore (bianco, buono, coraggioso, pronto a rischiare la vita per salvare le donne deboli).

Eppure questa fiaba, raccolta dai fratelli Grimm nella loro antologia di racconti tedeschi, non menziona il fatto che molto spesso gli agenti del pericolo non sono estranei, ma proprio le persone che frequentiamo e con cui abbiamo maggiore familiarità. Infatti, la maggior parte degli abusi avviene in famiglia o, comunque, in un ambiente che le bambine e i bambini frequentano quotidianamente.

La casistica è quasi unanime: il pedofilo è una persona con cui il bambino trascorre del tempo; può essere un genitore, un parente, un allenatore sportivo, un prete, un insegnante. Non esiste un limite al ruolo che ha, alla classe sociale di appartenenza o al suo genere sessuale. Non si aggira per strada cercando di adescare regalando caramelle e non ha scritto sul viso: “io sono il cattivo”.

Il pedofilo è una persona di cui il bambino si fida.

Spesso non sa di essere “cattivo” perché quello che instaura con la vittima, per lui, non è grave. E cerca di convincere il bambino a considerare quegli abusi un segreto da non rivelare.
La pedofilia è un fenomeno sociale e psicologico che anche discipline medico scientifiche hanno cercato di analizzare, con risultati spesso inconcludenti dovuti alla rarità con cui una persona che si identifica come “abusante” si sottoponga spontaneamente alle cure.

La vita degli abusati, invece, viene segnata da depressione, ansia, disturbi della sfera sessuale. Talvolta, diventati adulti, decidono di affrontare la lacerazione del trauma. Ma capita che spesso l’abuso venga rimosso, essendo il ricordo troppo pesante da sostenere.

E se questa è una realtà drammatica, lo è ancora di più quella in cui, a volte, il pedofilo viene “coperto” dagli stessi familiari della vittima che sanno e tacciono, condannando il bambino o la bambina ad essere vittima per la seconda volta. (Questo aspetto verrà argomentato in un altro articolo).

E allora come difendersi dalla pedofilia?

Il Consiglio d’Europa, qualche anno fa, ha realizzato una campagna per aiutare i bambini a proteggere il proprio corpo e insegnare loro ad instaurare un dialogo con gli adulti utilizzando un linguaggio semplice e chiaro. Qui di sotto i punti essenziali:

  • È necessario insegnare alla bambina e al bambino che IL CORPO GLI APPARTIENE, È SUO, e che nessuno ha il diritto di violarlo.
  • È necessario insegnare alla bambina e al bambino la differenza tra UN CONTATTO BUONO E UNO CATTIVO. Per quanto difficile possa essere per un genitore o un educatore, questo concetto è di capitale importanza.
  • È necessario insegnare alla bambina e al bambino la differenza tra SEGRETI BUONI E SEGRETI CATTIVI. Questo insegnamento aiuta a creare un clima di fiducia. Sono cattivi tutti quei segreti che creano disagio, paura o rendono tristi. Questi segreti devono essere svelati.

La violazione delle loro parti intime e del loro corpo è spesso vissuta dai bambini come un motivo di vergogna, come qualcosa da nascondere, una colpa personale. Sono gli adulti che devono insegnare ai piccoli ad avere il coraggio di denunciare episodi che creano in loro tensione e ansia. Se i bambini hanno paura, i grandi non devono averne.

LA RESPONSABILITÁ DELLA PREVENZIONE E DELLA PROTEZIONE SPETTA A UN ADULTO.

In generale, è buona abitudine osservare qualsiasi cambiamento nel comportamento dei piccoli: irrequietezza, sbalzi d’umore, enuresi , inappetenza, disturbi del sonno, problemi scolastici, a volte, possono essere segnali di un trauma molto profondo.
Saper intervenire tempestivamente può essere un aiuto prezioso per l’integrità della salute dei nostri bambini.

Chiara Montone d’Emilia

www.chiaraeditrice.com

 

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