Le immagini come strumento per l’educazione emotiva

Oggi parleremo di emozioni attraverso le immagini. Lo faremo con Daniela Sbrana – pittrice, illustratrice e grafica – presentando il libro “Leo”, testo per cui ha lavorato intensamente.

 

Cara Daniela, com’è possibile rappresentare un’emozione attraverso una illustrazione? Qual è stata la tua esperienza in questo libro?

“Leo” è un libro che parla di emozioni. L’emozione è chiaramente la protagonista. E l’emozione è qualcosa che si sente. Io ho uno stile evocativo, non descrittivo. Amo disegnare i volti, dunque ho cercato di immaginare le emozioni attraverso le espressioni del volto.

Avendo uno stile evocativo, sono riuscita ad adattare i miei disegni all’evoluzione del testo che, come avviene nella maggior parte dei casi, dalla prima stesura ha subìto diverse modifiche prima di raggiungere la forma definitiva.

Infatti, inizialmente la protagonista del libro era una bambina.

Ma viviamo in una cultura che assegna i ruoli di genere in modo marcato, come abbiamo detto nella chiacchierata con la Dott.ssa Cioni.

Ci dicono che esistono i giochi, i colori, i desideri, le parole, i vestiti, le emozioni per i maschi e per le femmine. Ovviamente non siamo d’accordo.

La scelta del sesso biologico maschile infatti è stata fatta per capovolgere questa costruzione sociale. Proprio per dare la possibilità al protagonista maschile di esprimere le sue emozioni.

Daniela, qual è il tuo stile?

Il mio è uno stile tradizionale, dunque per questo tema mi sono trovata molto bene.

Ad esempio, nella prima tavola di “Leo” non si vedono gli occhi. E per me gli occhi sono fondamentali. Scegliere di non disegnarli ha un significato importante.

Nel testo il protagonista sta sorridendo ma non sappiamo se è un sorriso spontaneo o meno. Ho scelto di non farli vedere per non far capire quale sia l’emozione.

Ci sono delle bambine e dei bambini che, attraverso le tue illustrazioni, sono riuscite a cogliere il tipo di emozione. Dunque una educazione emotiva attraverso le immagini è possibile.

Ne sono felice perchè significa che arriva. Le immagini ricalcano la storia ma sono anche una storia a sè. Si potrebbe pensare di riscrivere un’altra storia…

Qual è la tavola in cui ti rispecchi di più?

Probabilmente quella con Leo che se ne va in bicicletta solo soletto rimuginando su mille cose…

Da piccola ero così – e lo sono ancora in realtà – trascorrevo molto tempo da sola e pensavo tanto, anche troppo! E poi la tavola affianca il capitolo del libro che inizia con: “La domenica è il giorno della settimana che mi piace di meno…”. Sono d’accordo. La domenica non mi è mai piaciuta, è un giorno malinconico…

Raccontaci qualcosa sulla modalità di creazione di una immagine

Non ho una vera e propria tecnica. Utilizzo media tradizionali come matite, tempera, acrilico, a volte i colori ad olio e questo conferisce alle illustrazioni un sapore diverso, più caldo. In questo caso si adatta bene alla rappresentazione delle emozioni.

A questo punto, voglio ringraziarti Chiara, per aver curato nei minimi particolari ogni aspetto del libro perchè non è scontato per un’editrice o un editore. Il formato, la grammatura della carta, il colore, la font, sono tutti aspetti fondamentali soprattutto in un albo illustrato.

La scelta accurata della carta ha permesso di valorizzare al meglio le mie illustrazioni, obiettivo non semplice da raggiungere! Sono davvero felice di come sia venuto questo lavoro.

Ed io ti ringrazio per la fiducia che mi hai dato.

Come sai, ma lo diciamo anche a chi ci legge, ho scelto un formato orizzontale – più utilizzato all’estero che in Italia – per una lettura accompagnata, per invitare al dialogo e alla riflessione. La grammatura e il colore della carta per mettere in risalto le illustrazioni. La  font ad alta leggibilità per aiutare chi ha difficoltà nella lettura (DSA).

Sono molto soddisfatta anche io del risultato che abbiamo avuto.

Ultima domanda: questo libro parla di emozioni e quindi di cura e amore. Cos’è per te la cura?

La cura parte da una presa di coscienza, da una consapevolezza. È essere in empatia con qualcuno ed essere presente non solo fisicamente ma anche psicologicamente.

È un percorso da fare insieme.

 

 

 

 

 

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