Cosa significa male gaze e perché ogni genitrice e genitore dovrebbe conoscerlo?
Non sempre ce ne rendiamo conto, ma c’è uno sguardo – il male gaze, lo “sguardo maschile” – che modella chi siamo, anche da bambine e bambini. In questo articolo, ti accompagno alla scoperta di come funziona, perché è importante, e come può influenzare la crescita delle nostre figlie e dei nostri figli.
Cos’è il “male gaze”?
Il termine, coniato nel 1975 dalla critico del cinema Laura Mulvey nel celebre saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema, indica la rappresentazione del mondo – e in particolare delle donne – attraverso una prospettiva maschile, eterosessuale, spesso sessualizzata e oggettificante.
Mulvey discuteva di scopophilia, ovvero il piacere associato al guardare, che il cinema mainstream rifletteva attraverso una macchina da presa “attiva” (maschile) e un personaggio femminile “passivo”.
Prima di lei, già John Berger in Ways of Seeing (1972) analizzava lo stesso fenomeno nelle arti figurative: il corpo femminile come oggetto di malevole – o inconsapevole – proiezione maschile.
Dove lo incontriamo e come condiziona le nostre figlie e i nostri figli?
Il male gaze non è confinato al cinema per persone adulte. Si trova ovunque
Cartoni animati: principesse perfette e muscoli eroici rinforzano ruoli di genere stereotipati.
Pubblicità: bambine sempre sorridenti, bambini che devono apparire felici o forti.
Videogiochi: personaggi femminili sessualizzati, spesso senza personalità.
Social media: selfie, filtri, la performance dell’aspetto fisico diventa “norma”.
Letteratura per l’infanzia: storie spesso neutre ma che, invece, replicano ruoli stereotipati.
Se non ne siamo consapevoli, l’effetto non è banale:
Le bambine possono interiorizzare che essere viste sia più importante di esprimersi.
I bambini rischiano di consolidare modelli di potere e dominio.
Adolescenti LGBTQIA+ possono sentirsi fuori da ruoli “naturalmente” (culturalmente) accettati, aggravando difficoltà identitarie.
Perché genitrici e genitori devono conoscere questo concetto
Comprenderlo significa mettere in discussione ciò a cui esponiamo bambine, bambini e adolescenti e guidarli in un percorso consapevole:
Filtrare contenuti: scegliere media che promuovano relazioni rispettose e corpi autentici.
Educazione critica: parlare insieme di ciò che si guarda e di come ci si sente.
Rafforzare l’autostima corporea: ogni corpo è valido, nessuno deve conformarsi a modelli estetici imposti.
Favorire l’ascolto delle emozioni: insegnare che esprimere tristezza o rabbia è legittimo per tutti, indipendentemente dal genere.
Disinnescare la mascolinità tossica: modellare relazioni basate sull’empatia, non sulla dominanza.
Uno spunto per continuare a parlarne
Quello che possiamo fare, come persone adulte che si prendono cura dell’infanzia e dell’adolescenza, è iniziare a notare. Basta fermarsi un attimo davanti a una scena, a una frase, a uno sguardo e chiedersi: di chi è questo punto di vista? Perché mi viene mostrato così?
Se lo facciamo insieme a bambine e bambini, stiamo già costruendo una cultura più equa. Uno sguardo nuovo. Uno sguardo consapevole.