Educazione affettiva e sessuale

Educazione affettiva e sessuale. Perché parlarne non è mai troppo presto

Imparare ad amare e a farsi amare, a conoscere e a rispettare il proprio corpo, a dare nome alle emozioni e confini ai desideri: questa è l’educazione affettiva e sessuale, un diritto che non dovrebbe mai essere rimandato, né ridotto a un capitolo imbarazzato delle scuole secondarie. È un percorso che comincia presto, prima ancora che le parole diventino precise, quando i gesti, gli sguardi, il contatto e la cura costruiscono le fondamenta dell’identità.

Perché parlarne ora?

Viviamo in un’epoca di iperconnessione e ipercontrollo, in cui le informazioni corrono veloci ma le competenze emotive restano spesso fragili. Le cronache raccontano episodi di violenza, di abuso, di bullismo omolesbobitransfobico e l’opinione pubblica si interroga troppo tardi. L’educazione affettiva non è solo prevenzione: è un atto culturale necessario. Parlarne significa riconoscere che il corpo non è mai solo corpo, ma linguaggio, confine, piacere e possibilità. Significa insegnare che l’amore non si insegna davvero, ma si può accompagnare, nominare, rendere visibile.

Educazione affettiva e sessuale ≠ educazione al sesso

Una delle resistenze più forti nasce dal fraintendimento che parlare di sessualità significhi “sessualizzare” l’infanzia. È una paura che tradisce più l’imbarazzo delle persone adulte che la necessità delle bambine e dei bambini. L’educazione sessuale, quella raccomandata dalle linee guida europee, è un’educazione alla consapevolezza, al rispetto, al consenso.

Si tratta di costruire un alfabeto corporeo ed emotivo fatto di parole accessibili, scientificamente corrette, affettuosamente guidate. Significa dire “vulva” e “pene” invece di ammiccare; significa riconoscere che le persone possono innamorarsi di altre persone, a prescindere dal genere; significa spiegare che nessuno può toccare il nostro corpo senza il nostro permesso, neppure un parente, neppure per gioco.

Iniziare presto è una forma di protezione

Educare sin da subito alla corporeità e all’affettività è anche un gesto di prevenzione. I dati internazionali dimostrano che le persone che hanno ricevuto un’educazione affettiva e sessuale sin da piccole hanno più strumenti per riconoscere e denunciare abusi, per esprimere i propri limiti, per fare scelte consapevoli nella vita relazionale e sessuale.

Rinviare questi discorsi significa abbandonare giovani persone alla pornografia come unica fonte di informazione o alla violenza come linguaggio dell’intimità. Significa formare generazioni che non sanno come amare senza ferire, come lasciarsi senza annientarsi, come riconoscersi in una molteplicità di identità e orientamenti.

Educazione affettiva è anche educazione alle differenze

Ogni identità merita spazio, legittimità, riconoscimento. Educare all’affettività significa anche includere le esperienze delle persone LGBTQIA+, non come appendice da trattare “più avanti”, ma come parte integrante del discorso. È necessario che chi cresce veda rappresentate storie simili e diverse dalla propria, affinché nessun individuo si senta sbagliata o sbagliata, invisibilizzata o patologizzato.

Affrontare questi temi non è indottrinamento: è antidoto alla vergogna. È rendere possibile che chi si scopre lesbica, gay, bisessuale, transgender, non binarie o queer non lo faccia da sola o da solo, ma con il sostegno di persone adulte consapevoli, informate, presenti.

Il ruolo delle scuole e delle famiglie

Il cambiamento non può avvenire solo nei salotti progressisti o nelle aule universitarie. Deve entrare nelle scuole, nei consultori, nelle biblioteche, nelle palestre, negli oratori. Le famiglie devono essere coinvolte non come ostacolo ma come alleate: servono spazi di confronto, formazione, scambio, in cui anche le paure legittime possano trovare ascolto e trasformazione.

Le insegnanti e gli insegnanti devono essere persone preparate, non lasciate sole, con strumenti concreti e linguaggi aggiornati. E serve una rete culturale che sostenga e normalizzi questi percorsi, evitando che restino progetti “speciali” da confinare in qualche settimana dell’anno.

La sessualità come energia vitale

La sessualità, per com’è intesa in una prospettiva integrata e non riduttiva, è una forza vitale che attraversa la crescita, il corpo, la psiche. Non ha a che fare soltanto con l’atto sessuale, ma con il modo in cui ci sentiamo creiamo legami, ci esprimiamo.

Negarla o comprimerla in schemi moralistici produce malessere, alienazione, vergogna. Accoglierla con strumenti pedagogici adatti all’età, con attenzione e apertura, permette invece di sviluppare sicurezza, rispetto, libertà.

Non è mai troppo presto. Ma a volte è troppo tardi.

Aspettare che siano pronte o pronti è spesso solo un alibi per evitare il disagio delle persone adulte. E mentre aspettiamo, qualcuna vive violenza, qualcuno si sente sbagliato, qualcuna cresce senza sapere che può scegliere.

Non è mai troppo presto per iniziare. Ma ogni volta che ci voltiamo dall’altra parte, rischia di essere troppo tardi per qualcuna o qualcuno.

Il silenzio non è neutro. È il primo tradimento.