Educazione affettiva e sessuale

Il consenso spiegato a bambine e bambini

Educare al rispetto e alla libertà

Parlare di consenso con le bambine e i bambini è un atto di responsabilità. In una cultura ancora intrisa di silenzi, stereotipi e tabù, scegliere di nominare il corpo, i confini, il diritto di dire “no” o “sì”, significa ribaltare lo schema della sudditanza, della vergogna e della colpa. Educare al consenso fin dai primi anni di vita è, quindi, una scelta educativa e sociale che getta le basi di una cultura del rispetto e della libertà individuale.

Cosa significa educare al consenso?

Non si tratta soltanto di dire a una bambina o a un bambino che può rifiutare un bacio o un abbraccio se non lo desidera. Educare al consenso significa insegnare a riconoscere le proprie emozioni, a nominare ciò che si prova, a dare valore ai propri limiti e a rispettare quelli altrui. Significa costruire una grammatica delle relazioni affettive e corporee che includa empatia, ascolto, reciprocità.

In un contesto in cui l’educazione emotiva viene spesso relegata a un ruolo marginale nei percorsi scolastici e familiari, parlare di consenso diventa un’occasione potente per ridefinire le basi delle relazioni umane.

Perché è fondamentale che sia un’educazione per tutte e tutti

Un errore ricorrente è pensare che certi insegnamenti debbano essere destinati solo alle femmine: proteggersi, dire di no, riconoscere il pericolo. Questa impostazione non solo è parziale, ma perpetua una narrazione pericolosa in cui si presume che i maschi non debbano essere coinvolti in questo processo evolutivo.

Educare al consenso chiama in causa tutte e tutti. I maschi devono imparare fin da piccoli che il potere non risiede nel controllo, ma nel rispetto dell’altro. Devono crescere con l’idea che l’affetto e il desiderio sono processi condivisi, non qualcosa da ottenere. Le femmine devono poter sentire che i loro corpi, le loro emozioni, i loro desideri hanno diritto di cittadinanza nel mondo, senza colpa e senza vergogna.

Il silenzio che costa caro

Quando il consenso non viene nominato, lo spazio dell’indicibile si riempie di colpa, confusione, vergogna. Bambine e bambini che non hanno ricevuto un’educazione affettiva e sessuale chiara, libera e rispettosa, si trovano più esposti a vivere esperienze invasive, a normalizzare la violenza relazionale o a non riconoscerla affatto.

L’assenza di un dialogo può contribuire allo sviluppo di relazioni tossiche, dipendenze affettive, difficoltà nel riconoscere i propri bisogni, fino a veri e propri traumi che si sedimentano nel corpo e nella psiche. Non sapere di avere diritto a dire “no” – o credere che farlo sia sbagliato – è una ferita che può accompagnare una persona per tutta la vita.

E da adulte e adulti?

Chi non ha potuto contare su un’educazione affettiva e sessuale rispettosa può portarsi dietro un senso di inadeguatezza, di pericolo costante o, al contrario, una percezione distorta del potere. Il corpo può diventare un territorio estraneo, le emozioni un linguaggio incomprensibile, le relazioni un terreno minato.

Laddove la cultura del consenso è assente, può emergere la cultura della sopraffazione. Il vuoto educativo viene riempito da modelli patriarcali, pornografia aggressiva, narrazioni distorte dell’amore. Il risultato? Umani incapaci di stare nella relazione in modo sano, persone adulte che esercitano o subiscono abusi, che faticano a nominare il dolore o ad ascoltare il dissenso.

Educare al consenso è prevenzione

Prevenzione dagli abusi, certo. Ma anche dalle relazioni violente, della solitudine emotiva, dell’omofobia interiorizzata, della misoginia, della transfobia. Parlare di consenso significa parlare di autodeterminazione, di diritti, di piacere, di desideri.

È una forma di cura profonda, che si intreccia dall’educazione di genere, alla cittadinanza emotiva. È un atto d’amore verso le nuove generazioni, ma anche verso se stesse e se stessi, verso la parte bambina che ognuna di noi porta dentro e che forse, un giorno, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che dicesse: “Hai diritto a dire no. Hai diritto a dire sì. Hai diritto a scegliere. E a essere rispettata.”

Non insegnate il consenso per paura: insegnatelo per amore.