Enuresi: perché parlarne è un tabù?
L’enuresi, ovvero l’incontinenza urinaria notturna, è una condizione comune che coinvolge bambine, bambini e adolescenti. Nonostante sia una fase spesso normale dello sviluppo, è ancora percepita come un problema imbarazzante, che genera silenzio e vergogna sia nelle genitrici, genitori sia nelle bambine e bambini. Ma cosa rende l’enuresi un tabù culturale? Perché si fatica così tanto a parlarne apertamente?
La vergogna familiare e la cultura del controllo
Uno dei motivi principali per cui l’enuresi è un argomento tabù è la vergogna che essa porta con sé. In molte culture, il controllo del proprio corpo è visto come un elemento fondamentale di crescita e maturità. Quando un bambino non riesce a trattenere l’urina durante la notte, viene percepito come “problematico”. Questa percezione si riflette sulle genitrici e sui genitori che temono di essere giudicati per non aver saputo educare adeguatamente il proprio figlio.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Pediatric Urology, il legame tra enuresi e vergogna può portare a un impatto psicologico significativo sul bambino. La ricerca evidenzia che il timore del giudizio sociale e il senso di inadeguatezza vissuti dalle famiglie possono impedire loro di cercare aiuto professionale, aggravando ulteriormente il problema.
La vergogna legata all’enuresi è quindi profondamente intrecciata con la cultura del controllo e della perfezione corporea. In molte società moderne, l’ideale del corpo perfettamente funzionante riflette non solo un’idea di salute, ma anche di “maturità” e “successo”. Questo rende ogni deviazione da tale standard una fonte di disagio e silenzio.
La costruzione culturale dei tabù
I tabù, secondo l’antropologa Mary Douglas, sono costruzioni sociali che definiscono ciò che è accettabile e ciò che è inaccettabile in una comunità. Nel caso dell’enuresi, il tabù deriva dall’associazione tra il controllo corporeo e la “normalità”. Quando un comportamento esce dai confini di ciò che è percepito come “normale”, viene stigmatizzato.
Un esempio interessante di questa costruzione culturale è stato analizzato nel libro “Shame and guilt in neurosis” di Helen B. Lewis (1971), dove si esplora come la vergogna non sia solo un’emozione individuale, ma anche un fenomeno sociale. Ed ecco che la vergogna legata all’enuresi non colpisce solo il bambino, ma si estende alla famiglia, creando un “segreto” che deve essere nascosto agli occhi delle altre persone.
Il silenzio come strategia difensiva
Il silenzio che circonda l’enuresi è spesso una strategia per proteggersi (o meglio, l’illusione di protezione) dal giudizio sociale. Le famiglie preferiscono non parlarne per evitare domande imbarazzanti o consigli non richiesti. Tuttavia, questo atteggiamento può avere conseguenze negative sia sul benessere delle bambine e dei bambini che sul rapporto familiare.
Uno studio condotto dall’Università di Copenaghen ha dimostrato che il mancato dialogo sull’enuresi può aumentare l’ansia nei bambini e portare a problemi di autostima (Rittig et al., 2013). Al contrario, affrontare il problema in modo aperto e cercare un supporto professionale non solo migliora le prospettive di risoluzione, ma riduce anche il carico emotivo associato alla condizione.
Verso una maggiore consapevolezza culturale
Per superare il tabù legato all’enuresi, è necessario un cambiamento culturale che permetta di affrontare il problema senza giudizi. L’educazione gioca un ruolo cruciale in questo processo. Sensibilizzare genitrici, genitori, insegnanti e le comunità sull’enuresi può contribuire a ridurre la vergogna e il silenzio.
Un modello utile è stato proposto da Barbara Fredrickson nella sua teoria delle emozioni positive “Broaden-and-build theory”. Secondo Fredrickson, incoraggiare una cultura di apertura e accettazione può aiutare le famiglie a vedere l’enuresi non come un problema da nascondere, ma come un’opportunità per conoscere e sostenere le bambine e i bambini.
Conclusione: parlarne per rompere il tabù
Affrontare il tema dell’enuresi richiede il coraggio di rompere il silenzio. Le famiglie devono essere supportate nel capire che questa condizione non è un fallimento personale, ma può essere una fase spesso naturale della crescita, una condizione che dipende da fattori fisiologici (ADHD o altro) o un sintomo che nasconde qualcosa di più profondo (disfunzioni familiari, abusi, violenza).
Come sottolineato nel Treatments that work with children: empirically supported strategies for managing childhood problems (2001) di Christophersen & Mortweet, 2001, in generale, l’approccio migliore è quello che combina l’educazione di genitrici e genitori, il supporto psicologico e, se necessario, il trattamento medico.
Parlare di enuresi significa restituire dignità a chi la vive, riconoscendo che il silenzio alimenta il tabù, mentre la consapevolezza e l’accettazione possono migliorare la vita delle bambine e dei bambini. Cambiare la narrazione culturale è il primo passo per abbattere questa barriera: l’enuresi non è un segreto da nascondere, ma una realtà che merita ascolto e comprensione.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!