Storie

Quando ero bambino nessuno voleva vedere

La storia di Andrea, 45 anni

“Quando ero bambino nessuno voleva vedere la violenza in casa mia”

Quando avevo sette anni, mi svegliavo di notte per il rumore dei piatti che si rompevano. Mia madre piangeva in cucina, mio padre gridava. Io restavo sotto le coperte, paralizzato. Sapevo che se fossi uscito, avrei visto cose che non volevo vedere. Così restavo lì, con il cuore che martellava nelle orecchie mentre la violenza in casa si consumava.

La mattina dopo, tutto era normale. Mia madre metteva il caffè, mio padre leggeva il giornale. Se le chiedevo “Stai bene?”, mi sorrideva senza guardarmi negli occhi: “Certo, amore”. Non era vero. Io lo sapevo, ma nessuno voleva dire la verità. A scuola ero bravo, studiavo, non facevo problemi. Non parlavo di casa, perché non si parlava di certe cose. Se ero triste, mi dicevano: “Sei troppo sensibile”. Se mi arrabbiavo: “Non rispondere così, non essere arrogante”. Ho imparato a stare zitto.

Ricordo la prima volta che ho provato a dirlo a un adulto. Avevo nove anni. Un maestro mi chiese perché ero sempre così silenzioso, così “composto”. Gli dissi che a casa c’erano spesso urla. Lui mi accarezzò la testa, mi disse che a volte i genitori litigano e che passa. Non passava mai. Quel giorno ho capito che non valeva la pena dire nulla. Che gli adulti non sapevano cosa farsene delle nostre parole.

A undici anni ho smesso di fare domande. Se mio padre tornava a casa e il suo umore era nero, io sapevo già cosa sarebbe successo. Non servivano parole, lo capivo da come sbatteva la porta. A scuola cercavo di essere perfetto: ottimi voti, sempre educato, mai un problema. Se nessuno mi notava, forse nessuno avrebbe fatto domande.

Ma io volevo che qualcuno le facesse. Volevo che qualcuno notasse la violenza in casa.

Gli anni sono passati e mi sono convinto che fosse normale. Che tutti vivessero così. Poi ho capito che non era vero. Che io non ero strano a sentirmi sempre in allarme, a controllare ogni espressione sul viso degli altri, a prevedere gli scoppi d’ira prima che arrivassero. Non era normale quella violenza in casa, ma nessuno l’aveva mai detto.

Quando sono diventato padre, ho giurato a me stesso che mio figlio non avrebbe mai dovuto imparare a camminare in punta di piedi nella propria casa. Che non avrebbe mai dovuto trattenere il fiato nel cuore della notte aspettando che tutto finisse. Ma ancora oggi, a 45 anni, a volte mi sorprendo a fare esattamente quello che facevo da bambino: osservo gli altri, cerco di prevedere i loro stati d’animo, mi preparo alla tempesta.

Forse certe cose non se ne vanno mai. Ma almeno, oggi, so che non sono solo.